IL Dlgs 231/01 e la qualità nelle PMI

di Luca De Gennaro (www.lostudioldg.it)

Nel confrontarsi con gli amministratori delle PMI, spesso ci si deve confrontare con una visione particolare delle certificazioni e degli adempimenti di legge, che sono catalogati nella maniera seguente:
  1. adempimenti obbligatori (come gli adempimenti fiscali e civilistici);
  2. adempimenti volontari, ma obbligatori di fatto (come la Certificazione di qualità);
  3. adempimenti formali (come la Privacy);
  4. adempimenti facoltativi (come il Dlgs 231/01 o la certificazione contabile).
I primi adempimenti sono obbligatori per legge e quindi devono essere eseguiti con il minor onere possibile; i secondi non sono obbligatori, ma lo diventano di fatto perché, senza la certificazione di qualità e ambientale, l’azienda è fuori mercato. La terza tipologia di adempimenti, come ad esempio la Privacy con la redazione del DPS, è ritenuta una semplice formalità, che in genere si fa redigere dal fornitore di hardware e/o software e si tiene nel cassetto. La quarta è ultima, essendo facoltativa, non viene presa in considerazione.

A questo si deve aggiungere che le piccole e medie imprese, a prescindere dal numero di occupati e dal volume del fatturato [1], per la maggior parte dei casi sono un’ evoluzione dell’impresa familiare in cui il capo famiglia, in genere, somma in capo a sé le funzioni di proprietario, amministratore e manager dell’attività [2].
Quando si propone l’adozione dei Modelli organizzativi e di gestione ex D.Lgs 231/01 il proprietario/amministratore immediatamente nega la necessità di attuarli presso la propria struttura, in quanto tutto è centralizzato su di lui (firma dei contratti d’acquisto, firma del pagamento, firma dei contratti di vendita etc), quindi "è da escludere la possibilità di commettere reati", inoltre "sarebbe l’ennesimo adempimento" e "un ulteriore ingabbiamento delle funzioni aziendali", senza contare "il costo".

Questa è chiaramente una visione miope dei processi aziendali, infatti senza addentrarci nelle problematiche della governance, uno dei requisiti esenziali dei “Modelli di organizzazione e controllo” è la trasparenza dei processi. Trasparenza che non può che giovare nei meccanismi di gestione dell’impresa non rendendo più la stessa legata alle persone.
Inoltre è possibile cercare e sviluppare delle sinergie tra i Modelli Organizzativi ex D.Lgs. 231/01 e il Sitema di Controllo della Qualità: anche se creati con finalità diverse (i primi per prevenire alcune fattispecie di reato, i secondi per massimizzare la soddisfazione dei clienti) condividono alcune attività quali l’analisi dei processi aziendali per flussi, la formalizzazione delle procedure, gli audit di verifica e l’eventuale aggiornamento delle procedure [3].

Se, in quest’ottica, si pensa anche all’introduzione di una funzione di controllo di gestione o di internal audit, che supporti l’Organo di Vigilanza, ottimizzi i costi, migliori l’efficienza e l’efficacia delle procedure e dei processi aziendali e vigili sul rispetto dei “regolamenti interni” e della normativa (evitando così eventuali sanzioni), i maggiori costi si possono trasformare in una opportunità di crescita e di sviluppo dell’attività imprenditoriale.

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[1] Si veda Giovanni Battisti, "Piccola media impresa e d.lgs 231/01", ComplianceAziendale.com; Ivan Rotunno, "Una definizione dimensionale per gli enti di “enti di piccole e medie dimensioni” ex art. 6, comma 4 D.lgs 23101", www.ReatiSocietari.it.
[2] Si veda Ivan Cimmarusti "Il risk network dell’impresa familiare", ItaliaOggi del 14 aprile 08.
[3] Si veda per un approfondimento Maurizio Arena "Sistemi di gestione della qualità e modelli anticrimine", www.ReatiSocietari.it.

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