Banca d’Italia: il punto su Basilea2 – luci ed ombre

di Cristina Cellucci. Fonte Compliancenet.it.

Intervenendo al convegno ABI "Basilea 2 alla prova dei fatti" (22 e 23 aprile 2008) Giovanni Carosio, Vice Direttore Generale della Banca d’Italia, ha fatto il punto sullo stato di attuazione di "Basilea 2" nelle banche italiane. Nel suo intervento (pdf, 143 K, 11 pp) Carosio conferma la validità complessiva dello schema adottato finora ma suggerisce miglioramenti in alcuni aspetti specifici; interessanti le valutazioni sul sistema di controllo e sulle prossime novità. Nel seguito una sintesi dell’intervento di Carosio.



Lo stato di attuazione della nuova regolamentazione

In Italia l’entrate in vigore delle nuove regole, all’inizio del 2007, ha di fatto riguardato solo pochi intermediari, avendo gli altri esercitato l’opzione – prevista dalla Direttiva europea – di posticiparla di un anno; i primi provvedimenti di autorizzazione all’utilizzo di sistemi di misurazione interni per i rischi creditizi e operativi sono stati rilasciati il mese scorso; il "Secondo Pilastro" dell’Accordo entrerà nella fase operativa solo in autunno, con la trasmissione, da parte di tutte le banche, delle prime rendicontazioni del proprio processo di auto-valutazione dell’adeguatezza patrimoniale (ICAAP); i requisiti di trasparenza informativa previsti dal "Terzo Pilastro" dell’Accordo verranno di fatto messi alla prova per la prima volta con i prossimi bilanci d’esercizio.
È però insito nella filosofia stessa dell’Accordo l’incentivo ad un significativo miglioramento nella misurazione e gestione dei rischi in tutto il sistema bancario. Nessun intermediario che intenda mantenere la propria posizione competitiva può permettere che lo scarto fra le proprie prassi in termini di trattamento dei rischi e quelle adottate da una quota considerevole del sistema cresca a dismisura, pena l’esporsi a fenomeni di selezione avversa che potrebbero erodere il proprio bacino di clientela.



I problemi incontrati nella convalida dei modelli interni

Nell’esperienza italiana recente le esigenze riorganizzative indotte da Basilea 2 si sono spesso intersecate con eventi aziendali e societari rilevanti (acquisizioni, fusioni, ristrutturazioni), i quali hanno richiesto sostanziali revisioni delle priorità e ripianificazioni degli impegni, attesa la necessità, per i gruppi coinvolti, di procedere alla laboriosa integrazione di infrastrutture informatiche quasi sempre molto diverse e all’adozione di soluzioni-ponte per l’immediato; di estendere i sistemi di misurazione interni già sviluppati in una componente alle altre del gruppo, in alcuni casi dovendo selezionare, fra i diversi progetti già avviati, la soluzione più idonea al nuovo assetto; di rivedere l’utilizzo delle misure di rischio nell’ambito dei processi decisionali così come ridisegnati nella nuova realtà.
Se all’aumento di complessità indotto dai processi di aggregazione si aggiunge la diffusa tendenza, da parte dei vertici aziendali, a sottostimare nelle fasi di avvio dei progetti le problematiche applicative, si può comprendere come le difficoltà via via emerse abbiano indotto le banche a rivedere la tempistica e le modalità attuative dei progetti secondo criteri più realistici. Ne sono derivati slittamenti rispetto ai tempi originariamente previsti, ma è stata colta un’occasione irripetibile per effettuare interventi in profondità.



La governance

L’effettivo uso dei sistemi interni a fini gestionali è un elemento essenziale della nuova disciplina (…).Il coinvolgimento degli organi di governo deve essere anzi costante e sostanziale, in linea con gli indirizzi generali in tema di governance interna ribaditi dalla Banca d’Italia anche nelle disposizioni in materia di organizzazione e governo societario recentemente emanate. Nel caso dei sistemi di misurazione interni dei rischi tale coinvolgimento deve andare dall’impulso iniziale per l’avvio del progetto, all’allocazione di un adeguato insieme di risorse, alla verifica periodica degli stati di avanzamento dei lavori, alla individuazione e adozione delle eventuali misure correttive, alla cura della documentazione e di un adeguato grado di formalizzazione delle principali decisioni.



I tre livelli di controllo

Assume crescente rilevanza l’articolazione interna delle funzioni, fra "chi fa" e "chi controlla" e, all’interno delle funzioni di controllo, fra i tre diversi livelli (controlli di linea, convalida interna, revisione interna).
Si tratta di un’articolazione non semplice da realizzare e talvolta costosa: la comprensione e la valutazione dei sistemi di misurazione interni implicano, soprattutto sul versante metodologico, la disponibilità di risorse con competenze e conoscenze di natura specialistica, che non sono facilmente reperibili all’interno delle aziende e, talvolta, neanche nel mercato esterno. Il dover distribuire tali risorse su tre livelli di controllo non fa che acuire le difficoltà.
Per venire incontro agli intermediari, la Banca d’Italia ha adottato un approccio pragmatico in base al quale, tenuto conto delle dimensioni e del grado di complessità organizzativa (e comunque ferma restando la necessità di un’indipendenza fra i responsabili ultimi delle tre funzioni), si può in certi casi ammettere che le risorse specialistiche dedicate ai due livelli superiori di controllo (convalida e revisione interna) siano parzialmente condivise con la funzione di sviluppo, ovvero allocate in uno solo dei due livelli superiori.
Grazie a questa interpretazione flessibile della norma è stato possibile ridurre l’onere a carico delle banche, conseguendo ugualmente i vantaggi attesi: in particolare, la convalida interna e, successivamente a questa, la revisione interna da parte dell’audit rappresentano il momento in cui la banca assume consapevolezza dei limiti e delle esigenze di intervento sui sistemi di misurazione; si può senz’altro dire che il lavoro delle funzioni di convalida e revisione interna, se svolto correttamente, facilita notevolmente il dialogo con le autorità di vigilanza e consente un progresso più rapido e il miglioramento continuo dei sistemi di misurazione stessi.



I rischi operativi

Dalle verifiche svolte nei confronti dei gruppi bancari italiani con sistemi di misurazione più avanzati emergono apprezzabili risultati conseguiti nella realizzazione del sistema per la misurazione e gestione dei rischi operativi. In particolare, sono stati definiti appropriati meccanismi di identificazione, governo e quantificazione di tale tipologia di rischio; apprezzabile è risultata anche la coerenza complessiva dell’impianto logico-matematico sottostante il sistema di misurazione, che presenta una sufficiente stabilità dei risultati. Ulteriori investimenti sulle varie componenti di matrice qualitativa e quantitativa sono però ancora necessari per poter pervenire a sistemi in grado di rappresentare con elevata precisione la rischiosità operativa attuale e prospettica dell’intermediario, consentendo così il loro pieno utilizzo per finalità di natura strategica e gestionale oltre che regolamentare.



Futuri sviluppi del quadro regolamentare

Alcuni, limitati, interventi appaiono tuttavia necessari.
Occorre rivedere, aumentandoli, i requisiti patrimoniali applicati a certi prodotti strutturati complessi, quali le cartolarizzazioni di secondo livello, e rendere più incisivo il trattamento dei veicoli d’investimento sponsorizzati dalle banche, in particolare chiarendo i casi in cui vanno attratti nell’area del consolidamento dei conti.
Più in generale, sarà rivista la regolamentazione dell’attività di cartolarizzazione dei crediti, anche negli aspetti che riguardano la trasparenza ("Terzo Pilastro") e la gestione dei rischi ("Secondo Pilastro").
Nella stessa linea, nuovo impulso sarà dato ai lavori già previsti per il portafoglio di negoziazione, estendendo il concetto di “rischio di evento” a cui vanno applicati requisiti di capitale aggiuntivi.

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