Riforma del Codice Penale e Responsabilità degli Enti

Lo schema di disegno di legge delega per la riforma del Codice Penale (c.d. Bozza Pisapia) inserisce la responsabilità degli enti nel nuovo Codice Penale.

di Giovanni Battisti.
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Si sono conclusi il 21 marzo scorso i lavori della Commissione di studio per la riforma del codice penale, istituita nel luglio 2006 e presieduta da Giuliano Pisapia. Lo schema di disegno di legge delega, approntato dalla Commissione, che struttura la riforma della parte generale del codice è stato presentato al guardasigilli Luigi Scotti.
(Scarica il Testo e la relazione del progetto di disegno di legge.)

Lo schema di disegno di legge delega prevede che la responsabilità degli enti sia inserita nel Codice Penale, come era già emerso nella relazione al disegno di legge:
"La Commissione è stata, fin dall’inizio dei propri lavori, concorde nel ritenere che la responsabilità degli enti dovesse essere inserita nel codice penale. Infatti, con l’entrata in vigore del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 (disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica) l’inedita forma di responsabilità degli enti è entrata a tutti gli effetti a far parte del nostro ordinamento penale."
"Nell’ambito del processo penale potranno, quindi, sulla base della direttiva predisposte dalla Commissione (art.56), essere chiamati a rispondere gli enti, le società, le associazioni (anche non riconosciute) e gli enti pubblici nei limiti in cui esercitano attività economica."
"Alla normativa sulla responsabilità degli enti, che sarà prevista anche in caso di reati in materia di sicurezza del lavoro e di reati ambientali, si applicheranno, in quanto compatibili, tutte le disposizioni del codice penale, ivi comprese quelle che prevedono misure di attenuazione o esclusione delle sanzioni in caso di condotte riparatorie."
Riportiamo, di seguito, il testo dello schema di disegno di legge delega e della relazione per la parte che interessa la responsabilità degli enti:
Articolo 56 (Responsabilità degli enti)
Prevedere la responsabilità dell’ente per fatti di reato, recependo la disciplina attualmente prevista dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, con gli adeguamenti che seguono:
a) escludere la qualifica della responsabilità come «amministrativa»; escludere altresì la denominazione delle sanzioni come «amministrative»;
b) chiarire che rispondono del reato tutti gli enti, società, associazioni anche non riconosciute, nonché gli enti pubblici in quanto esercitino attività economica e nei limiti della stessa. Sono esclusi lo Stato, le Regioni, gli altri enti pubblici territoriali, le Autorità indipendenti e gli enti di piccole dimensioni, salvo quelli aventi personalità giuridica ;
c) perfezionare l’adeguamento dei criteri di imputazione al principio di personalità, chiarendo, in particolare, che la persona giuridica risponda soltanto dei reati commessi nel suo interesse;
d) stabilire che la responsabilità delle persone giuridiche si perfezioni solo se il reato sia stato reso possibile da una lacuna organizzativa ascrivibile alla stessa o dalla carenza di sorveglianza o controllo ovvero sia stato commesso su indicazione dei vertici organizzativi o gestionali dello stesso;
e) estendere il novero dei reati per i quali la persona giuridica debba rispondere se commessi nel suo interesse, in particolare includendovi i reati in materia di sicurezza del lavoro e ambientale;
f) prevedere l’applicazione nella specifica materia delle disposizioni del Codice Penale, in quanto compatibili, provvedendo ad ogni opportuno coordinamento anche con riferimento a misure di attenuazione o esclusione della sanzione in caso di condotte riparatorie.
Relazione, paragrafo "XXX. Responsabilità degli enti"
La Commissione è stata, fin dall’inizio dei propri lavori, concorde nel ritenere che la responsabilità degli enti dovesse essere inserita nel codice penale. Infatti, con l’entrata in vigore del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 (disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica) l’inedita forma di responsabilità degli enti è entrata a tutti gli effetti a far parte del nostro ordinamento penale.
Pur in presenza di dubbi sulla compatibilità di una responsabilità penale o parapenale dell’ente a fronte del principio di “personalità” consacrato dall’art. 27 Cost., l’Italia non poteva sottrarsi alla direttiva prevista dall’art. 2 della Convenzione O.C.S.E. sulla corruzione, sottoscritta a Parigi nel dicembre 1997, che prevede la diretta responsabilità degli enti collettivi per i reati consumati nel loro interesse o collegati a tali enti da un rapporto funzionale. Già da tempo, del resto, anche nel nostro Paese si era sviluppata una autorevole opinione della dottrina favorevole a prevedere forme di responsabilità per le persone giuridiche, anche al fine di contrastare più efficacemente il sempre più diffuso fenomeno della criminalità d’impresa. Invero, come è stato autorevolmente affermato, si è venuta creando una “realtà che si esprime e agisce attraverso i propri rappresentanti persone fisiche, nell’ambito di un rapporto di immedesimazione organica e non già di alterità”.
In questo contesto, l’inserimento della normativa sulla responsabilità degli enti nel codice penale, pur non condivisa da tutti, si pone anche quale elemento di garanzia, non potendo, la relativa disciplina, discostarsi da alcuni princìpi fondanti previsti dalla parte generale del codice.
La Commissione aveva iniziato ad elaborare alcune specifiche direttive di delega. Poiché però, nel corso dei lavori, è stata istituita presso il Ministero altra Commissione con il compito, tra l’altro, di proporre modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, si è deciso di limitarsi a indicare, sul tema, alcuni punti ritenuti qualificanti.
Peraltro, ad avviso della Commissione, la responsabilità per reato di enti e persone giuridiche - che si è ritenuto di non dover più definire “amministrativa” - è assolutamente indispensabile per la coerenza preventiva del sistema, specie alla luce della quantità di reati compiuti non già nell’interesse specifico della persona fisica che opera nell’ambito di un soggetto giuridico, bensì nell’interesse dei soci o degli associati. Solo attraverso una specifica penalizzazione che colpisca anche i soggetti giuridici – nei casi, evidentemente, in cui il reato risulti compiuto nel loro interesse e non sia dimostrata una credibile attivazione rivolta al suo impedimento - e, dunque,
solo evitando che soci ed associati possano obiettivamente beneficiare dei vantaggi di un reato compiuto nell’interesse dell’ente o della associazione, sarà possibile attivare una dinamica preventiva realistica, stimolando l’interesse e la disponibilità all’autocontrollo da parte dei soggetti giuridici.
Nell’ambito del processo penale potranno, quindi, sulla base della direttiva predisposte dalla Commissione (art.56), essere chiamati a rispondere gli enti, le società, le associazioni (anche non riconosciute) e gli enti pubblici nei limiti in cui esercitano attività economica. Inizialmente si era prevista l’esclusione della responsabilità – oltre che per lo Stato, le Regioni, altri enti pubblici territoriali e le Autorità indipendenti – anche per “gli enti di piccola dimensione”: sia perché, in caso di reato commesso nell’interesse di enti di piccole dimensioni, normalmente la responsabilità penale è attribuita direttamente a chi ha una posizione apicale, sia per evitare il rischio di un sempre maggiore ingolfamento dei Tribunali. A seguito di alcuni rilievi emersi nel corso del Seminario di Siracusa, la Commissione ha ritenuto di limitare tale esclusione agli enti di piccola dimensione che non abbiano personalità giuridica. Alla normativa sulla responsabilità degli enti, che sarà prevista anche in caso di reati in materia di sicurezza del lavoro e di reati ambientali, si applicheranno, in quanto compatibili, tutte le disposizioni del codice penale, ivi comprese quelle che prevedono misure di attenuazione o esclusione delle sanzioni in caso di condotte riparatorie.

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