Nomina e configurazione dell'O.d.V.

di Francesco Da Riva Grechi*

Intervento dell'avv. prof. Francesco Da Riva Grechi al convegno sulla responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. 231/01) - Varese, 15 giugno 2007 - Collegio "De Filippi".

Indice dell'intervento:
La responsabilità delle persone giuridiche e gli aspetti etici dell'attività d'impresa - O.d.V.: requisiti oggettivi e soggettivi - Nomina e configurazione dell'O.d.V. - Funzioni e poteri dell'O.d.V. - O.d.V.: obblighi di informazione e flussi bidirezionali di informazioni - O.d.V.: raccolta e conservazione delle informazioni - Sulla responsabilità dei componenti dell'organo di controllo (O.d.V.).



La nomina dei componenti dell’organo di vigilanza compete all’organo dirigenziale; sul punto la dottrina di riferimento è concorde, difatti, essendo l’organismo dirigente competente all’adozione del modello organizzativo-gestionale, ex art.6 co1 d.ls. 231/01, è pertanto competente anche per la nomina dell’O.d.V..

E’ invece controversa l’esatta configurazione dell’O.d.V., ed in particolare, nel silenzio della normativa, è aperta la questione se debba essere affidata la suddetta funzione di vigilanza ad uno degli organi già esistenti e deputati ad altra funzione o piuttosto sia preferibile la costituzione di un organismo pensato ad hoc per lo svolgimento dei compiti di vigilanza.
La scelta di un organismo già esistente all’interno dell’ente, consentirebbe di assecondare l’esigenza, senz’altro sentita dall’impresa, di contenimento dei costi aggiuntivi; optando per questa scelta è però necessario analizzare i profili di compatibilità delle strutture esistenti con il ruolo proprio dell’O.d.V. tenuto conto della primaria esigenza di istituire un organismo efficiente e credibile.
A riguardo l’unico dato certo fornito dal legislatore è costituito dalla deroga di cui all’art. 6 a favore degli enti di piccole dimensioni, in virtù della quale la funzione di controllo può essere espletata dall’organo dirigente direttamente.

Con riguardo invece a quegli enti per cui non opera la deroga menzionata, sembra doversi escludere il conferimento dell’incarico di vigilanza all’amministratore unico, al consiglio di amministrazione e all’amministratore delegato, in quanto soggetti passivi, essi stessi, di vigilanza.
Parimenti è da escludersi l’utilizzabilità del collegio sindacale, chiamato dalla disciplina societaria ad altre funzioni anche tipizzate dalla tradizione.
Si segnala invece una convergenza di opinioni favorevole all’utilizzo della funzione di c.d. internal auditing (revisione interna) ove esistente. In particolare nelle Linee Guida di Confindustria del 2004, sono state indicate quali possibili opzioni, l’attribuzione del ruolo di organismo di vigilanza al comitato per il controllo interno, ove esistente, o in alternativa alla funzione di internal auditing, o infine la creazione di un organismo ad hoc.

L’istituzione della funzione di internal auditing va sempre più diffondendosi, specie nelle strutture aziendali medio grandi, sia in virtù delle indicazioni provenienti dalle discipline aziendalistiche, sia in virtù di sempre più frequenti riferimenti normativi o regolamentari da parte del legislatore italiano o da parte di quelle Autorità di vigilanza che, là dove esistenti, invitano, ed in alcuni casi obbligano, all’istituzione di detti controlli interni. Ci si riferisce alle istituzioni previste nel d.lgs. 58/98 ( T.U.F.) che direttamente contempla la figura di colui che è preposto ai controlli interni, o alle istituzioni di vigilanza per le banche della Banca D’Italia, o ai regolamenti emessi nei confronti degli intermediari autorizzati, delle SICAV, delle società di gestione del risparmio, che obbligano questi soggetti all’istituzione di un “apposita funzione di controllo interno”.
La funzione in esame è spesso collocata alle dirette dipendenze del vertice esecutivo aziendale e a questa funzione, oltre che compiti di natura ispettiva, viene oggi attribuito anche il compito di verificare l’esistenza e il buon funzionamento dei controlli atti ad evitare il rischio di infrazioni alle leggi in genere, come ad esempio la legislazione in materia di privacy o in materia di sicurezza, creando, peraltro, un apposito canale di comunicazione o una linea di riporto verso il Consiglio di Amministrazione o il Comitato per il controllo interno, ove esistente.

Alla luce di queste considerazioni sembra che la funzione di Internal auditing sia quella che maggiormente possiede le risorse necessarie per poter svolgere i compiti propri dell’O.d.V., sia pure con i debiti correttivi, ad es. inserendo personale esperto dell’area legale; senza considerare che, in caso di svolgimento di attività che richiedono specifiche competenze, sarà pur sempre possibile ricorrere all’ausilio di consulenti esterni.

Tuttavia è necessario considerare che pur negli enti medio grandi, non sempre è presente la funzione di internal auditing.
In quest’ultimo caso si rende necessaria l’istituzione di un organismo ad hoc preposto allo svolgimento dei compiti dell’Autorità di Vigilanza. Detto organo dovrà garantire competenza, efficenza e indipendenza, dovendosi soprattutto tutelare la sua autonomia rispetto all’organo dirigente.
La durata dell’incarico potrà essere sia a tempo determinato che indeterminato, con o senza possibilità di proroga o rinnovo, ma è preferibile prevedere un limite temporale di durata dell’incarico, poiché anche una previsione di durata a tempo indeterminato con facoltà di recesso da parte dell’ente potrebbe costituire un limite all’autonomia dell’organo di vigilanza e oltretutto la durata a tempo indeterminato del suddetto incarico potrebbe infine scalfire l’autonomia e l’indipendenza dei componenti dell’organo, rispetto all’organo amministrativo.
Quanto invece al compenso dell’incarico, da ritenersi ovviamente oneroso, potrà essere stabilito con rinvio alle tabelle professionali, tenuto conto dell’importanza dello stesso, dovendosi però escludere l’attribuzione di premi o un altro tipo di retribuzione parametrata agli utili della società, attesa la necessaria autonomia dell’O.d.V. dagli organi sociali nonché l’estraneità dello stesso organo di vigilanza ad ogni attività di gestione.

Come accennato, il problema dell’individuazione di un organo, ad hoc o meno, chiamato a svolgere le funzione dell’O.d.V. non si pone con riguardo ad enti di piccole dimensioni, per le quali vale la previsione derogatoria di cui all’art. 6, in virtù del quale la funzione di vigilanza può in tal caso essere esercitata dall’organo amministrativo.
Il criterio discretivo appare essere incentrato sui requisiti dimensionali dell’impresa, l’approccio interpretativo deve quindi muovere dalla determinazione di una soglia dimensionale afferente la struttura dell’ente, la configurazione organizzativa, l’ambito operativo dello stesso. Potrà essere considerata di piccole dimensioni ad es. la s.r.l. unipersonale che abbia limitate relazioni e non si avvalga di particolari strumenti finanziari.
In tali ipotesi l’organo amministrativo potrà svolgere le funzioni dell’O.d.V., ma si tratta pur sempre di un opzione che lascia la facoltà di istituire un organo apposito deputato a queste attività, scelta da reputarsi anche opportuna in caso di amministratore unico.
Avendo il legislatore fatto esplicito riferimento all’organo amministrativo, rimane da escludere, con riguardo agli enti di piccole dimensioni, ogni altra opzione, quale il ricorso al collegio sindacale.
E’ chiaro che pur all’interno di un ente di piccole dimensioni, sarà indispensabile assicurare l’esercizio della funzione di vigilanza con le caratteristiche di effettività e indipendenza proprie di quest’organismo, soprattutto al fine di escludere in capo ai membri dell’OdV una responsabilità personale per non aver impedito la commissione del reato presupposto, rendendo così la persona giuridica imputabile per il correlato illecito amministrativo.



(*) Avv. Prof. Francesco Da Riva Grechi
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