Omicidi e lesioni nell’interesse dell’ente?

di Matteo Grassi e Andrea Guerrerio, dello studio legale associato LCG.

La legge 3 agosto 2007, n. 123 ha introdotto due nuovi reati-presupposto all’interno della disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato.
Per vero, tale introduzione appare felice là dove sembra finalmente attuare l’art. 11, c. 1, lett. c) della legge 29 settembre 2000, n. 300 (legge delega), che così recita: "prevedere la responsabilità in relazione alla commissione dei reati previsti dagli articoli 589 e 590 del codice penale che siano stati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative alla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro".

La norma introdotta, però, è piuttosto scarna nella sua formulazione, quasi che il legislatore preso dall’impatto emotivo delle innumerevoli morti bianche si sia preoccupato più di renderla vigente che di scriverla.
Peccato che la novella ponga, per come è confezionata, inevitabili problemi interpretativi.
Difficile pare il coordinamento tra uno dei presupposti fondamentali per il sorgere della responsabilità dell’ente, ovvero che il reato sia commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente, e la struttura stessa dei nuovi illeciti penali introdotti.

Può dirsi che un omicidio colposo o delle lesioni personali colpose siano state commesse a vantaggio dell’ente? Oppure nel suo interesse?
La domanda può apparire banale; si potrebbe anche rispondere che l’ente può trarre un vantaggio o avere interesse a non impiegare risorse economiche in materia di sicurezza sul lavoro; e certo è questa la giusta finalità per cui già il legislatore della legge delega aveva pensato di introdurre una tutela ulteriore in tale materia, ovvero punire quegli enti che intendano risparmiare risorse sulla “pelle” dei lavoratori e della loro salute.

L’art. 5 del d.lgs. 231/2001 esige però che il reato, quindi l’omicidio colposo e le lesioni gravi colpose, sia stato commesso nell’interesse dell’ente o a suo vantaggio e non la causa che può aver originato quel reato e cioè la violazione delle norme anti-infortunistiche; inoltre, l’art. 25-septies, non precisa alcun criterio speciale per effettuare un felice coordinamento tra i reati ivi previsti ed i presupposti stabiliti dall’art. 5.

La questione guadagnerà ben presto gli scenari di dottrina e giurisprudenza; pare, tuttavia, prevedibile che data l’importanza della posta in palio, tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, vi saranno non pochi sforzi ermeneutici tesi alla conservazione della novella, nonostante le riserve sulla sua formulazione.

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