Cenni introduttivi al Decreto Legislativo 231 del 2001

Il D.Lgs. 231/01 introduce nell’ordinamento italiano la responsabilità degli enti per la commissione di alcuni reati, specificamente indicati dal legislatore; permette quindi di colpire (con sanzioni pecuniarie, l’interdizione dall’attività, il commissariamento, il divieto a contrarre con la Pubblica Amministrazione) direttamente l’Ente e, quindi, l’interesse economico dei soci. L’Ente, tuttavia, non risponde se dimostra di avere “adottato ed efficacemente attuato” un Modello organizzativo idoneo a prevenire la commissione di reati della stessa fattispecie di quello verificatosi.
di Giovanni B.

Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, di seguito anche solo Decreto, introduce nell’ordinamento italiano un nuovo regime di responsabilità a carico degli enti [1] derivante dalla commissione, o tentata commissione, di determinate fattispecie di reato, nell’interesse o a vantaggio degli enti stessi.

La responsabilità, impropriamente chiamata "amministrativa", prevista dal decreto consente di colpire il patrimonio degli enti, e quindi l’interesse economico dei soci, (direttamente tramite sanzioni pecuniarie, o indirettamente tramite, ad es., l’interdizione dall’esercizio dell’attività) che hanno tratto un vantaggio dalla commissione di determinati reati da parte delle persone fisiche che rappresentano l’ente [2] o che operano per l’ente [3].

I reati per i quali l’Ente può essere chiamato a rispondere sono soltanto quelli espressamente indicati dal legislatore (a questo link l'elenco aggiornato dei reati previsti dal D.Lgs. 231/01).

L'ente è responsabile se il reato è stato commesso a "suo interesse o a suo vantaggio" (D.Lgs. 231/01, art. 5, co. 1); non è pertanto necessario aver conseguito un "vantaggio" concreto, ma è sufficiente che vi sia stato "l'interesse" a commettere il reato.

L’Ente tuttavia non risponde se dimostra di aver “adottato ed efficacemente attuato” un modello di organizzazione, gestione e controllo (di seguito anche Modello) tale da prevenire la commissione dei reati della stessa fattispecie di quello verificatosi.
Il reato, quindi, deve essere stato commesso aggirando fraudolentemente il Modello stesso.

La valutazione della validità del Modello adottato e della sua efficace attuazione è formulata dal giudice in sede di accertamento penale (ovvero, la prova della solidità del modello si ha solo nel malaugurato caso di procedimento penale per uno dei reati considerati).

Le sanzioni previste dal Decreto a carico degli enti consistono in:
- sanzioni interdittive (interdizione dall’esercizio dell’attività, sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; divieto di contrarre con la pubblica amministrazione; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi);
- pubblicazione della sentenza di condanna (che può essere disposta in caso di applicazione di una sanzione interdittiva);
- sanzione pecuniaria fino ad un massimo di Euro 1.549.370,69 e sequestro conservativo in sede cautelare;
- confisca del profitto che l’ente ha tratto dal reato (sequestro conservativo, in sede cautelare).


Leggi anche:
Cos'è la 231?

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[1] D.Lgs. 231/01, art. 1, co. 2: “Le disposizioni in esso previste si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica.” e co. 3: “Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
[2] D.Lgs. 231/01, art. 5, co. 1, lett. a): “persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso.
[3] D.Lgs. 231/01, art. 5, co. 1, lett. b): “da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui…” all’art. 5, co. 1, lett. a).

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