Modelli di organizzazione ed esimente
di Giovanni Battisti.
L’adozione del modello di organizzazione e gestione è prevista dal D.Lgs. 231/01 in termini di facoltatività; è tuttavia indispensabile se non si vuole esporre l’ente alla responsabilità per gli illeciti commessi da amministratori e dipendenti (c.d. esimente).
L’applicazione della c.d. “esimente”, in occasione di procedimento penale per uno dei reati considerati dal D.Lgs. 231/01, è subordinata alla positiva valutazione, da parte del giudice penale, dell’idoneità del modello a prevenire la commissione di tali reati.
Tale valutazione riguarda due diversi e successivi momenti:
In fase di adozione del sistema di prevenzione, l’organo dirigente deve:
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[1] Confindustria, Area Strategica Fisco e Diritto d’Impresa, Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001, approvate il 7 marzo 2002, aggiornate al 24 maggio 2004.
L’applicazione della c.d. “esimente”, in occasione di procedimento penale per uno dei reati considerati dal D.Lgs. 231/01, è subordinata alla positiva valutazione, da parte del giudice penale, dell’idoneità del modello a prevenire la commissione di tali reati.
Tale valutazione riguarda due diversi e successivi momenti:
- l’adozione (facoltativa) di un sistema idoneo a prevenire la commissione dei reati previsti dal D.Lgs. 231/01;
- l’efficace attuazione di tale sistema (ovviamente nel caso in cui sia adottato).
In fase di adozione del sistema di prevenzione, l’organo dirigente deve:
- adottare […] modelli di organizzazione e di gestione (e di controllo) idonei a prevenire la commissione di reati della specie di quello verificatosi (art. 6, co. 1, lett. a), se non eludendo fraudolentemente i Modelli stessi (art. 6, co. 1, lett. c). L’idoneità dei modelli deve essere valutata, sin dalla fase loro predisposizione, sia in relazione “all’estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati” (art. 6, co. 2) sia in relazione “alla natura e alla dimensione dell’organizzazione, nonché al tipo di attività svolta” (art. 7, co. 3). Tali modelli devono comunque (direi che il decreto ne definisce il “contenuto minimo”):
- individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati previsti dal Decreto (art. 6, co. 2, lett. a);
- prevedere misure idonee a garantire lo svolgimento delle attività nel rispetto della legge (art. 7, co. 3);
- prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire (art. 6, co. 2, lett. b);
- individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire la commissione dei reati (art. 6, co. 2, lett. c);
- prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo (OdV) deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli (art. 6, co. 2, lett. d);
- introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello (art. 6, co. 2, lett. e);
- prevedere misure idonee a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio (art. 7, co. 3).
- attribuire ad un organismo dell’ente (di seguito anche OdV, Organismo di Vigilanza, o CO , Compliance Officer), esistente o costituito ad hoc, il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento (art. 6, co. 1, lett. b). A tale organismo devono essere riconosciuti autonomi poteri di iniziativa e di controllo (art. 6, co. 1, lett. b).
- l’OdV vigili sul funzionamento e sull’osservanza del Modello (art. 6, co. 1, lett. d);
- l’ente, e quindi l’organo dirigente, periodicamente provveda alla verifica (evidentemente per il tramite dell’OdV) ed eventualmente alla modifica del Modello, al fine di garantirne l’adeguatezza – ovvero la capacità del modello di prevenire il verificarsi di comportamenti illeciti – e l’effettività – ossia la corrispondenza tra comportamenti attuati e quelli previsti nel modello –, in particolare in seguito a violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività (art. 7, co. 4, lett. a);
- il sistema disciplinare applicato sia idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello (art. 7, co. 4, lett. b);
- Contenuto "minimo" dei Modelli di organizzazione e controllo (prima parte);
- Contenuto "minimo" dei Modelli di organizzazione e controllo: il Codice Etico (seconda parte);
- Contenuto "minimo" dei Modelli di organizzazione e controllo (terza parte);
- "Check list" dei Modelli di organizzazione adottati ex D.Lgs. 231/01.
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[1] Confindustria, Area Strategica Fisco e Diritto d’Impresa, Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001, approvate il 7 marzo 2002, aggiornate al 24 maggio 2004.
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